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FAQ

L’Ordinamento (L.56/89) della professione di Psicologo lo definisce in questi termini: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.

Per diventare Psicologo in Italia è necessario laurearsi in Psicologia, sostenere un Esame di Stato a seguito di un tirocinio post-laurea di un anno e iscriversi all’Albo professionale di una regione o Provincia italiana. L’iscrizione è la condizione necessaria per poter lavorare ed esercitare l’attività.

L’attività dello psicologo ha l’obiettivo di promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità, di favorire il cambiamento, potenziare le risorse e accompagnare gli individui, le coppie, le famiglie, le organizzazioni in particolari momenti critici o di difficoltà.

L’Ordinamento della professione di Psicologo (L.56/89) specifica che “l’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica, che agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica e che previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione”.

Lo psicoterapeuta si specializza scegliendo il suo percorso formativo, di almeno 4 anni dopo la laurea, tra le molteplici Scuole che hanno elaborato differenti modelli teorici e di intervento utili ad offrire al paziente/cliente un percorso di cura adatto ad affrontare le diverse forme di sofferenza psicologica, da quella più lieve a quella più grave.

Paziente” è chi si dispone alla sopportazione di un disagio;

“Cliente” è chi si avvale dell’opera di un professionista;

“Utente” è il cliente che si rivolge ad un servizio pubblico.

Preferisco chiamare chi si rivolge allo psicologo-psicoterapeuta “cliente” perché in questo senso la persona è parte attiva nella relazione col terapeuta rispetto al proprio cambiamento.

“Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica” (L.56/89) e la prescrizione di farmaci fa parte di essi.

Non ci sono controindicazioni. Associare farmaci e psicoterapia può essere utile quando la sola terapia farmacologica ha dato risultati parziali, quando, accanto ai problemi clinici, si evidenziano problematiche psicologiche ed esistenziali, quando è necessario modificare stili di vita errati che aumentano il rischio di ricadute, per sostenere il pieno recupero sul piano sociale e lavorativo, per migliorare la conoscenza di se stessi e facilitare i processi di cambiamento.

Inoltre, “previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione” (L.56/89).

Ci si può rivolgere allo psicologo per questioni riguardanti bambini, adolescenti, adulti, anziani, genitori, coppie, famiglie, lavoratori, organizzazioni; in generale è utile quando le persone vivono un disagio personale, una difficoltà nelle relazioni o desiderano migliorare alcuni aspetti della propria vita.

Ancora oggi, spesso, si tende a pensare che chiedere aiuto sia sintomo di fallimento, incapacità personale, resa, o all’estremo, pazzia. In tanti credono che rivolgersi ad uno psicologo voglia dire essere arrivati “all’ultima spiaggia”, essere disperati.

Altri temono che andando dallo psicologo potrebbero scoprire di “essere pazzi”, o che gli altri lo pensino di noi.

Per quanto appaia lontano dalla nostra cultura, lo psicologo non giudica né “emette sentenze”, ma ascolta, supporta e facilita il superamento di quei momenti di sofferenza o difficoltà che fanno vivere male o addirittura limitano la nostra vita; è utile per tutte quelle situazioni che tendono a non passare in breve tempo, ma a perdurare o peggiorare.

Leggere libri di psicologia è sicuramente interessante e stimolante, ma non permette un confronto al di fuori di se stessi.

Se acquistiamo un libro di psicologia per capire meglio o risolvere una situazione di disagio, corriamo il rischio di fare una autodiagnosi magari errata e cercare in un testo generico una risposta che invece è personale; lo psicologo, invece, è una persona esterna al problema, formata per inquadrarlo approfonditamente e per proporre percorsi specifici per quella persona.

Il termine “psicoterapia” deriva dal greco e significa “cura dell’anima”.

Quando si avverte il bisogno di modificare qualcosa di sé è utile una psicoterapia; questo qualcosa può essere un comportamento, uno stato d’animo, una difficoltà nelle relazioni…

I primi incontri sono di conoscenza reciproca: il cliente può rendersi conto di come lo psicoterapeuta lavora e se lo ritiene adatto a lui e ai suoi bisogni.

Lo psicoterapeuta individua gli eventuali aspetti problematici, come poterli affrontare e propone il tipo di intervento che ritiene opportuno per quella persona in quella situazione.

In seguito, lavoreranno insieme per migliorare il benessere del cliente, cadenzando gli incontri e la durata del percorso a seconda del disagio presentato e della disponibilità del cliente.

La psicoterapia per essere efficace non deve obbligatoriamente durare molti anni.

Ovviamente è necessario considerare tempistiche diverse a seconda del bisogno presentato, ma per la maggior parte delle persone è possibile migliorare la qualità della propria vita in tempi relativamente brevi.

Gli studi sono concordi nel sostenere l’efficacia della psicoterapia.

Le ricerche riferiscono inoltre che tutti gli orientamenti psicoterapeutici funzionano in ugual modo; infatti, pare che ancor più delle diverse tecniche di intervento, la riuscita di una psicoterapia dipenda dalla relazione che si instaura tra il cliente e lo psicoterapeuta.

Può essere, ma non è indispensabile; alcuni professionisti li propongono sempre durante i primi incontri, altri solo nei casi in cui ritengano utile approfondire alcuni aspetti specifici emersi nei colloqui, altri ancora non li utilizzano affatto.

I test incuriosiscono, ma anche spaventano: si è portati a pensare che il risultato di un test corrisponda ad una verità assoluta; non è così.

Le eventuali informazioni ottenute dai test devono essere inserite in un contesto più ampio. In tal senso penso sia fondamentale che il professionista condivida con il cliente le motivazioni per cui propone quel test e in seguito ne vengano discussi “i risultati”.

A seconda della propria formazione, il professionista può aver approfondito alcune tecniche che in talune circostanze con alcune persone possono essere utili a facilitare il superamento della difficoltà presentata; è il caso, ad esempio, delle tecniche di rilassamento che, in generale, sono utilizzate nella gestione dell’ansia o dell’EMDR, tecnica utilizzata per il trattamento di ricordi traumatici o di eventi stressanti quali incidenti e disastri naturali.

L’articolo 11 e seguenti del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani così lo regolamenta:
lo psicologo “non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate”.

“[…] lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione […]”.

“[…] nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale […].

Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi”.

“Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione”.

Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce ai clienti informazioni circa le sue prestazioni, a riguardo del trattamento dei dati loro riguardanti e ne richiede l’espressione di consenso attraverso la compilazione di apposita modulistica.

Le prestazioni di natura clinica erogate dagli psicologi sono detraibili nella Dichiarazione dei Redditi, poiché assimilate (anche se non hanno prescrizione medica) alle prestazioni sanitarie, qualora il pagamento sia effettuato in maniera tracciabile; il contribuente dimostra l’utilizzo del mezzo di pagamento tracciabile mediante prova cartacea della transazione/pagamento o mediante l’annotazione in fattura.